Come gli open badge supportano la riforma della PA

Il PNRR prevede un investimento straordinario per l’upskilling e il reskilling del personale pubblico; il tutto certificato tramite open badge, che, ancora una volta, si dimostrano all’altezza di sfide epocali, grazie alla loro sicurezza, trasparenza e semplicità d’uso.

Il recente “Piano strategico per la valorizzazione e lo sviluppo del capitale umano della Pubblica amministrazione” punta sugli open badge per certificare i corsi completati, i test superati e le competenze acquisite dai dipendenti pubblici in formazione. I rigorosi standard internazionali a cui questi attestati digitali devono attenersi, assicurano, infatti, l’interoperabilità tra le varie piattaforme, permettendo di ritrovare le stesse informazioni sul curriculum digitale, sul fascicolo dipendente e sui vari sistemi di e-learning e dando la possibilità di condividere i progressi fatti sulle piattaforme social e professionali.

Riformare la Pubblica Amministrazione è una delle sfide del PNRR, il piano nazionale nato per favorire la ripresa dalla pandemia di Covid-19, ma anche per rafforzare in modo strutturale l’economia italiana, in ottica digital transformation e green new deal. Partendo dalla premessa che il successo del PNRR si gioca sulle persone, sulle loro competenze e sul loro coinvolgimento, per creare la nuova PA si è deciso di intervenire in primo luogo sulla gestione del personale, facendo della formazione la leva strategica che sviluppa le competenze dei singoli e, allo stesso tempo, rafforza strutturalmente le varie amministrazioni.

D’altronde, la Ricerca sul lavoro pubblico del 2021 mostra che, negli ultimi anni gli investimenti in formazione della PA si sono costantemente ridotti: nel 2019 sono scesi a 164 milioni di euro, ben 110 milioni di euro in meno rispetto a 10 anni prima! Inoltre, la formazione si è concentrata per il 75% su materie tecnico-specialistiche e giuridico-normative e in pochi casi ha riguardato gli ambiti più rilevanti per la riuscita del PNRR: le competenze digitali sono, infatti, al 5% e il project management al 2%. Il calo degli investimenti in formazione ha, peraltro, riflessi negativi sulla motivazione delle persone, che a tal fine valutano la crescita professionale e l’aggiornamento delle competenze più della stabilità e della buona retribuzione. Anche dal punto di vista del titolo di studio dei dipendenti pubblici, se è vero che negli ultimi 10 anni la quota di laureati è cresciuta del 22%, arrivando al 42%, è altrettanto vero che nel 65% dei casi si tratta di laureati in materie economico-giuridiche e che pochi sono i laureati nelle discipline cosiddette STEM. Tanto che il Piano strategico comprende anche l’obbiettivo “110 e lode” che incentiva l’iscrizione del personale in servizio a corsi universitari.

Di contro, la recente settima indagine di Banca d’Italia sul grado di informatizzazione delle Amministrazioni locali individua nella carenza di figure professionali adeguate, insieme alle scarse risorse finanziarie, alle difficoltà organizzative e alla persistenza di una cultura amministrativa burocratica, i principali ostacoli al cambiamento della PA attraverso la digitalizzazione. Mentre i dati mostrano che solo due enti su tre hanno fatto formazione in materia di digitalizzazione, peraltro a meno del 20% del personale, per Banca d’Italia c’è l’assoluta necessità di “dotare le amministrazioni delle professionalità e delle competenze tecniche utili a superare i gap culturali dei dipendenti pubblici, di puntare sull’incremento delle risorse finanziarie ma soprattutto sulla formazione”. Solo così le amministrazioni, a tutti i livelli, potranno avere persone in grado di farle decollare verso una moderna organizzazione digitale del lavoro, funzionale alla crescita economica del Paese, anche considerando che nei prossimi anni la PA sarà chiamata a gestire oltre 300 miliardi di euro tra PNRR e fondi strutturali.

E’ nato così il Piano strategico per la valorizzazione e lo sviluppo del capitale umano della PA, che, nel prevedere un importante investimento nella formazione dei dipendenti pubblici,  propone un cambio di paradigma su come questa debba essere organizzata: non più in base ai “mestieri” delle amministrazioni, ma in funzione delle competenze necessarie per l’innovazione e il cambiamento, puntando, inoltre, sulla qualità dei contenuti formativi e sulla velocità con cui gli sono messi a disposizione dei fruitori, per far sì che le competenze siano disponibili quando necessarie. Il Piano mira a coinvolgere tutti gli attori della PA, motivandoli anche attraverso l’abbinamento competenze/percorsi di carriera: a livello di contrattazione collettiva è in corso di valutazione un meccanismo di progressione economica funzionale a remunerare il maggior grado di competenza ed esperienza professionale acquisito dai dipendenti.

Il Piano comporta un investimento di quasi un miliardo di euro, tra fondi PNRR e fondi strutturali e di investimento dell’UE. E’, quindi, cruciale spendere bene queste risorse e monitorare costantemente l’andamento dei progetti e i risultati conseguiti. Per questo motivo, si è fatto ricorso agli open badge che saranno rilasciati sia per certificare ogni competenza acquisita sia per attestare la conclusione di interi percorsi formativi. Il Piano prevede la formazione e riqualificazione di almeno 750 mila dipendenti e la certificazione dei risultati formativi per almeno il 70% di essi. Numeri imponenti, gestibili solo con uno strumento semplice, flessibile, sicuro e riconosciuto a livello internazionale come gli open badge.

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